Thomas More, italianizzato in Tommaso Moro (Londra, 7 febbraio 1478 – Londra, 6 luglio 1535), è stato un umanista, scrittore e politico inglese.
Nel corso della sua vita si guadagnò fama a livello europeo come autore umanista e occupò numerose cariche pubbliche, compresa quella di Lord Cancelliere d'Inghilterra tra il 1529 e il 1532 sotto il re Enrico VIII. Cattolico, per il suo rifiuto di accettare l’atto di supremazia del re sulla Chiesa in Inghilterra, fu condannato per tradimento alla pena capitale. La Chiesa cattolica e la Chiesa anglicana lo venerano come santo, nel 2000 Papa Giovanni Paolo II lo proclamò patrono dei governanti e dei politici.
Thomas More coniò il termine "utopia", con cui battezzò un'immaginaria isola dotata di una società ideale, di cui descrisse il sistema politico nella sua opera più famosa, L'Utopia, pubblicata nel 1516; Moro derivò il termine dal greco antico ou-topos (cioè non-luogo); utopia è quindi, letteralmente un "luogo inesistente".
È ricordato soprattutto per il suo rifiuto a livello di principio della rivendicazione di Enrico VIII di farsi capo supremo della Chiesa anglicana, una decisione che mise fine alla sua carriera politica e lo condusse alla pena capitale con l'accusa di tradimento.
Moro nacque a Londra (Inghilterra). Entrò alla corte di Enrico VIII nel 1520 e venne nominato cavaliere nel 1521. Figlio di Sir John More, un avvocato di successo e giudice, la sua carriera forense è celebrata nonostante il fatto che nessuna testimonianza dei casi di cui si occupò sia oggi sopravvissuta. Come studioso fu inizialmente un umanista nel senso più comune del termine. Fu grande amico di Erasmo da Rotterdam, che gli dedicò il suo Elogio della follia (la parola "follia" in greco si pronuncia "moria"). In seguito, le relazioni tra i due furono tese, poiché Moro era impegnato nella difesa dell'ortodossia religiosa, mentre Erasmo denunciò quelli che vedeva come errori intrinseci della dottrina cattolica.
Come consigliere e segretario di Enrico VIII, Moro contribuì alla redazione de "La difesa dei sette sacramenti", una polemica contro la dottrina protestante che fece guadagnare al sovrano il titolo di "difensore della Fede" da parte di papa Leone X nel 1521. Sia la risposta di Martin Lutero ad Enrico che la conseguente "Responsio ad Lutherum" ("Risposta a Lutero") furono criticate per i loro intemperanti attacchi "ad hominem".
Moro fu un acceso difensore del primato della Chiesa, sia dal punto di vista spirituale (come il titolo del clero di redimere il peccato) o temporale (come per il primato della legge canonica sulla legge comune). Il suo cancellierato (1529-1532) si distinse anche per la sua costante caccia agli eretici e alle loro opere. Alcuni ritengono un paradosso che un uomo visto oggi come un libertario e un libero pensatore fu al tempo stesso un conservatore nelle questioni di religione.
Il cardinale Thomas Wolsey, arcivescovo di York, non riuscì ad ottenere il divorzio e l'annullamento che Enrico aveva cercato e fu costretto a dimettersi nel 1529. Moro venne nominato cancelliere al suo posto. Enrico evidentemente non realizzò le resistenze di Moro su quella questione. Essendo stato ben istruito in diritto canonico, oltre che profondamente religioso, Moro considerava l'annullamento del sacramento del matrimonio come una questione all'interno della giurisdizione del Papato, e la posizione di papa Clemente VII era chiaramente contro il divorzio.
La reazione di Enrico fu quella di mettersi a capo della Chiesa d'Inghilterra. Solo al clero venne richiesto di prestare l'iniziale giuramento di supremazia, dichiarando il sovrano come capo della Chiesa. Moro, in quanto laico, non sarebbe stato soggetto a questo giuramento, ma si dimise da cancelliere il 16 maggio 1532, piuttosto che servire il nuovo regime.
In un primo tempo Moro sfuggì a un tentativo di collegarlo a un episodio di tradimento. Tuttavia l'approvazione nel 1534 l'"Atto di successione" da parte del Parlamento di Westminister (che includeva un giuramento che riconosceva la legittimità di ogni figlio nato da Enrico ed Anna Bolena e ripudiava "ogni autorità straniera, principe, o potentato") si rivelò uno strumento nella mani della Corona contro gli oppositori del Re. Infatti, l'Atto prevedeva che questo giuramento non venisse richiesto a tutti i sudditi, ma solo a coloro che vennero specificamente convocati a prestarlo: ovvero, coloro che rivestivano un incarico pubblico e coloro i quali erano sospettati di non appoggiare Enrico. Moro venne chiamato a prestare tale giuramento nell'aprile del 1535 e, a causa del suo rifiuto, fu imprigionato nella Torre di Londra, dove continuò a scrivere. La sua scelta fu quella di mantenere il silenzio, comunemente interpretato come allo stesso tempo assenso e rifiuto di abiura. Quando però questa mossa fallì venne processato, condannato, incarcerato e quindi giustiziato a Tower Hill il 6 luglio. La sua testa venne mostrata sul London Bridge per un mese, quindi recuperata (dietro pagamento di una tangente) da sua figlia, Margaret Roper.
Moro venne canonizzato dalla Chiesa cattolica nel 1935 da Papa Pio XI ed è commemorato il giorno 22 giugno; dal 1980 è commemorato anche nel calendario dei Santi della Chiesa anglicana (il 6 luglio), assieme all'amico Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, decapitato quindici giorni prima di Moro. Nel 2000 san Tommaso Moro venne dichiarato patrono degli statisti e dei politici da papa Giovanni Paolo II.
L'opera teatrale di Robert Bolt "Un uomo per tutte le stagioni" parla della battaglia persa da Moro contro la determinazione di re Enrico nell'ottenere una Chiesa nazionale inglese che fosse sotto il suo controllo. Due film sono stati tratti da tale opera: uno nel 1966, vincitore di sei Premi Oscar, con Paul Scofield e un altro del 1988, con protagonista Charlton Heston. Karl Zuchardt scrisse un romanzo, dal titolo esplicativo "Stirb Du Narr!" ("Muori sciocco!"), sulla lotta di Moro con Re Enrico, che ritrae Moro come un umanista idealista, destinato a fallire nella lotta di potere contro un governante spietato ed un mondo ingiusto.
Delle buone biografie recenti comprendono quelle di Richard Marius e di Peter Ackroyd.
Ho una domanda: ma davvero Moro bruciò i luterani, come si vede in The Tudors?
E' un dubbio che mi attanaglia...